Coaching e Mentoring: scopriamo le differenze
Nel mondo sempre più competitivo delle Risorse Umane, il Coaching e il Mentoring giocano un ruolo cruciale nel favorire lo sviluppo professionale dei dipendenti. Questi approcci, che ormai costituiscono una parte sempre più rilevante delle politiche di Talent Management ed Employer Branding impiegate dalle imprese, promuovono un ambiente di apprendimento continuo e di crescita e contribuiscono a migliorare le capacità di attrazione e ritenzione dei talenti in azienda.
In questo articolo parleremo di come il Coaching e il Mentoring possano essere impiegati con successo in ambito HR per massimizzare il potenziale dei dipendenti, e, infine, di come spesso vengano male interpretati o fraintesi. Iniziamo dunque con lo spiegare quali sono le differenze.
Obiettivi diversi per diversi ruoli
La chiave per capire la differenza tra Coaching e Mentoring sta nel coglierne obiettivi e metodi. Il Mentoring ha la finalità di trasmettere competenze tecniche dal Mentor al Mentee, è sempre realizzato da un soggetto interno all’azienda e ha obiettivi di medio-lungo periodo.
Il Coaching d’altro canto è una metodologia che sostiene lo sviluppo di una persona e la guida, tramite il supporto di un coach, verso la realizzazione dei propri obiettivi personali (life coach) o professionali (business o executive coach).
Entriamo nel dettaglio delle due attività con esempi inerenti al mondo delle Risorse Umane.
Il Mentoring come condivisione delle competenze
Come dicevamo, la finalità del Mentor è quella di trasmettere competenze tecniche specifiche. Il mentor è, generalmente, un manager esperto disposto a condividere le sue esperienze professionali e il suo know-how con una figura junior.
Un caso tipico di Mentoring avviene quando una figura senior riceve l’incarico di formare una figura junior destinata a piani di sviluppo o individuata per sostituire un senior o top manager nell’organigramma aziendale.
Un altro caso di mentoring rientra invece nel contesto dell’onboarding. Spesso i nuovi assunti vengono affiancati da un Mentor che sappia trasmettere le competenze tecniche a lei/lui mancanti. In questo caso si parla di mentoring informale, il mentor è un collega più esperto e il percorso ha l’obiettivo di supportare l’inserimento del neoassunto nel contesto aziendale. La figura del mentor non è da confondere con il Buddy Aziendale, approfondita in questo articolo.
Il Coaching come guida
Il Coaching, come anticipavamo, è un processo che non ha tanto l’obiettivo di trasmettere competenze, quanto di guidare il coachee nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Questi obiettivi possono spaziare dalla crescita professionale all’acquisizione di abilità interpersonali, passando per il conseguimento degli obiettivi aziendali. All’inizio del percorso di coaching viene definito un piano di incontri e vengono chiariti gli obiettivi di sviluppo e i momenti di verifica.
Spesso, le aziende di maggiori dimensioni hanno professionisti interni dedicati esclusivamente al Coaching; tuttavia, è generalmente consigliabile rivolgersi a esperti esterni specializzati in quanto portano una prospettiva oggettiva e un approccio distaccato.
I coach non necessariamente possiedono competenze tecniche specifiche, ma hanno una formazione di base in psicologia e hanno ottenuto certificazioni da scuole riconosciute nel campo del Coaching. Queste credenziali li preparano a guidare in modo efficace i loro coachee verso il successo personale e professionale.
Errori e sovrapposizioni tra i ruoli
Uno dei problemi più comuni che affligge le aziende è la sovrapposizione di questi due ruoli. In molte circostanze le aziende possono ritenere che, per favorire la crescita di una determinata risorsa, avrebbero bisogno di un coach quando in realtà servirebbe un mentore, e viceversa.
Questo equivoco può portare a decisioni inefficaci e risultati deludenti. Ancora più problematico è il caso in cui un membro interno dell’azienda venga erroneamente designato come coach, anche se non possiede le competenze adeguate a svolgere tale ruolo, competenze che, come abbiamo visto, vanno ben oltre le skill lavorative.
Queste situazioni possono generare problematiche significative e produrre risultati sfavorevoli sia per l’individuo coinvolto che per l’azienda nel suo complesso.
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